non c'è libertà senza passione!

di Bibiana Talò*

 

Furono numerose le testimonianze di aiuti che da Palermo arrivarono in soccorso dei superstiti dell’immane cataclisma che travolse la città di Messina il 28 dicembre 1908 e che segnò la sua totale distruzione e la morte di una metà della sua popolazione… Fra le tante ebbe risonanza l’opera svolta dalla marchesa Micetta Carrozza di San Leonardo Pallavicini, vedova del dott. Paolo Piraino, medico messinese. La marchesa Micetta Carrozza ebbe la fortuna di non trovarsi a Messina in quel fatidico giorno della distruzione della sua città, richiamata  a Palermo dalla figlia Sarina Piraino, sposa del sig. Giuseppe Talò, in attesa del suo primo figlio Francesco. Qui, a Palermo, donna Micetta e la figlia Sarina, con superlativo slancio umanitario, si adoperarono a soccorrere conoscenti sopravissuti al disastro accogliendoli nella loro casa di Palermo. Giunse la sua amica signora Rosaria Ainisterio e la figlia Rosina, salve dopo due notti e tre giorni passati sotto le macerie. Con loro giunsero una ventina di ragazze orfane di entrambi i genitori, di congiunti e di ogni avere.

Donna Micetta e la figlia Sarina, animate da alcune nobildonne palermitane, fra cui la duchessa D’Alcontres, la sig.ra Matilde Tagliavia ed altre, si adoperarono a sistemare il folto gruppo delle profughe dove possibile, ma in maggior numero nella loro casa, al corso Vitt. Em. di Palermo.

Si pensò di sollevare le profughe non soltanto nel fisico e nel morale, ma di avviarle a qualche interesse di vita.

Trovò successo il campo dei lavori di ricamo a mano, un campo in cui la profuga sig.ra Rosaria Ainisterio e la figlia Rosina erano esperte. Lo sfilato siciliano e il ricamo a punta d’ago interessò la maggior parte delle profughe che lavorarono con molto impegno, con amore e interesse. La marchesa Micetta e la figlia Sarina Talò, animarono sempre di più l’iniziativa e per fronteggiare le necessità che il loro slancio umanitario richiedeva, vendettero un agrumeto di verdelli sito a Roccalumera in provincia di Messina. Rifornite del necessario per i lavori: tela di lino, filo di scozia, merletti e di altro, le profughe riuscirono ad eseguire lavori di ricamo a mano di alta perfezione, tanto da essere definiti “lavori di mani angeliche” .

Di tali pregiati lavori furono inviati due saggi alla Regina Elena di Savoia, che lodò la provvida iniziativa con un messaggio di compiacimento – con lettera inviata dal Ministero della Real Casa – ” per quanto concorsero alla esecuzione dei lavori offerti dalle operaie profughe”.

Il folto gruppo delle ragazze orfane del terremoto di Messina, andò man mano riducendosi per varie sistemazioni di vita – molte nel matrimonio – finché morta la marchesa Micetta nel 1918 fu interrotta ogni attività lavorativa.

*  L’autrice di questo articolo, una dolcissima signora di 97 anni, la bella storia di solidarietà tra donne l’ha raccolta da parenti scampati all’immane tragedia del terremoto di Messina del ‘908. La signora Talò, insieme alla sorella Elena di 95 anni, conservano ancora pezzi preziosissimi di  sfilato siciliano e ricami a punta d’ago.