non c'è libertà senza passione!

di Giuseppina Amalia Spampanato

Il progetto “Granai della Memoria” dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, promosso e realizzato da Slow Food e dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, rappresenta un’ambiziosa lettura storico-antropologica dei saperi e delle tradizioni del mondo. Attraverso un affascinante percorso scientifico e didattico, l’archivio in rete, “Granai della Memoria”, consultabile sul sito web www.granaidellamemoria.it raccoglie e trasmettere in video testimonianze e memorie provenienti da ogni angolo del mondo, recuperate attraverso una serie di ricerche, condotte negli anni in Italia e all’estero. Questo complesso e ricco archivio multimediale offre la possibilità di riscoprire le proprie origini, recuperare la memoria e il culto del passato, allargare le proprie conoscenze e i propri orizzonti, avvicinandosi a nuove culture e offrendo, allo stesso tempo, una ricetta genuina per affrontare il presente e ripensare al futuro.

Il nome dato al progetto, “Granai della Memoria”, richiama un’osservazione della scrittrice francese Marguerite Yourcenar, che, nel libro “Memorie di Adriano”, fa dire al vecchio imperatore romano: «fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire». Contro il sonno della mente, l’inverno dello spirito e l’oblio del passato, quest’archivio multimediale intende porre, dunque, l’individuo, i suoi valori e la sua cultura al centro dell’interesse storico, sociale e antropologico, che investe un lavoro capace di coniugare vecchio e nuovo, tradizione e innovazione, memoria e tecnologia multimediale.

I filmati, messi a disposizione degli utenti, contengono testimonianze di partigiani, operai, contadini, artigiani, imprenditori, attori, scrittori e artisti vari. Tra i testimoni d’eccellenza, ad esempio, possiamo trovare Ugo Gregoretti, Isa Danieli, Peppe Barra, il documentarista Luigi Di Gianni, Livia e Alfonso Iaccarino di ‘Don Alfonso 1890’, Giovanni Assante del pastificio ‘Gerardo Di Nola’.

I “Granai della Memoria” sono stati realizzati con il contributo anche della Regione Piemonte, della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, del Comune di Murazzano, del Comune di Volvera e dell’Istituto storico di Bra e dei braidesi. Lo sviluppo del progetto è stato reso possibile grazie ad una serie di Corrispondenti, rappresentati da istituzioni scientifiche e culturali, associazioni, comunità, singole persone che, mediante un accordo di collaborazione, hanno recapitato ai “Granai della memoria” le testimonianze raccolte. Tra i primi Corrispondenti troviamo l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, con la sezione ‘Granai del Mediterraneo’, l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e la Fondazione Ignazio Buttitta di Palermo.

Marino Niola, direttore del Centro Studi Sociali sulla Dieta Mediterranea dell’Università Suor Orsola Benincasa, spiega di aver deciso di utilizzare il termine “granai” «perché, in sintonia con la filosofia che anima Slow Food e con il campo di ricerca dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, vogliamo impegnarci per conservare le tradizioni e le culture che ruotano intorno al cibo, così come si conserva il grano nei granai», aggiungendo il desiderio di «rispondere all’urgenza di conoscere, interpretare e comunicare l’alimentazione degli abitanti del bacino del Mediterraneo; un percorso che può rappresentare una grande sfida anche per lo sviluppo economico del Mezzogiorno d’Italia, che può diventare realmente la guida di un grande progetto culturale legato al turismo enogastronomico». Un input interessante, dunque, per il Meridione, le sue bellezze e il suo immenso patrimonio culturale, enogastronomico e paesaggistico.

Carlo Petrini, presidente dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e presidente di Slow Food Internazionale, ha investito molte energie in questo progetto, perché crede fermamente che «bisogna incominciare a raccogliere le testimonianze delle comunità rurali per evitare che vadano disperse. Un tempo c’era la memoria orale a garantire la trasmissione di questo patrimonio. Oggi servono dei veri e propri granai per combattere la carestia d’idee, per contrastare la cultura dominante e omologata che ha tolto la voce al sapere prezioso dei nostri vecchi. Non voglio lasciare queste battaglie ad altri. Dobbiamo tutti insieme difendere la biodiversità delle culture. D’altra parte, salvare l’etnodiversità significa partecipare attivamente all’irrinunciabile salvaguardia della biodiversità».

Solo riappropriandoci delle nostre radici, possiamo salvaguardare la nostra identità e, allo stesso tempo, tutelare la diversità come un valore prezioso, inestimabile. Partiamo dalla memoria, dal passato e dai ricordi, per guardare, arricchiti e con spirito critico, al futuro.