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Papa Francesco_www.vatican.vaPapa Francesco ai politici: una lezione da ricordare

Papa Francesco  Bergoglio Quando si è abituati agli applausi, ai concioni esortativi, un po’ ruffiani, sul tema del fare di più e meglio, proprio per il ruolo di grande prestigio che si ricopre, beccarsi una rampogna tosta e senza appello lascia sconcertati. Papa Francesco non ha provato per niente a mediare sulle parole. Ha detto pane al pane e vino al vino, in un linguaggio inconsueto per quelli che l’ascoltavano abituati a vocaboli felpati, diplomatici, spesso dal doppio significato. Una doccia gelata per chi voleva utilizzare quell’incontro come momento di pubblicità personale da far conoscere al mondo a mezzo twitter. Un inizio di riflessione per chi, al di la’ del suo credo, ritiene e vuole svolgere un “servizio” per gli altri.

L’appuntamento degli oltre cinquecento politici, tra ministri, sottosegretari, deputati e senatori, era alle sette in San Pietro, l’entrata però doveva avvenire tra le 6.00 e le 6.30. Per la Roma della politica orari inesistenti, impossibili. Un dettaglio non di poco conto. Un modo simbolico, forse, per ricordare i tanti lavoratori costretti ad alzarsi all’alba per recarsi sui posti di lavoro. Ma dal simbolico poi Papa Francesco è passato al concreto quando nella sua omelia racconta come <Gesù’ guarda il popolo e si commuove, perché lo vede come “pecore senza pastori”>. E, allora, comincia a visitare i poveri, gli ammalati, va dalle vedove, dai lebbrosi. Va da tutti. E parla con la gente in modo diverso dai potenti. Con un linguaggio comprensibile che prova nel popolo ammirazione. “Ma questo parla come uno che ha autorità”, si ripetono i cittadini, quelli che l’hanno incontrato. “Parla diversamente da questa classe dirigente che si era allontanata dal popolo”. Tutta presa dall’interesse “nelle sue cose: nel gruppo, nel partito, nelle sue lotte interne. E il popolo, là… Avevano abbandonato il gregge”.

Papa Bergoglio non poteva essere più chiaro nel condannare un modo di fare politica distante dalle esigenze reali della gente. Centrato su altri interessi: di parte, di partito, di casta nel disinteresse quasi totale per il bene comune. Papa Francesco rende presenti ed attuali storie lontane raccontate negli Evangeli. L’effetto che ne scaturisce è di uno schiaffo a certe presunzioni radicate nei gruppi dirigenti (non solo politici in verità) che pensano di poter salvare il mondo senza aver avuto l’umiltà di scendere tra i “più poveri tra i poveri”. Senza aver provato, confrontandosi con tutti, di capire le reali esigenze delle popolazioni. Ma nello stesso tempo senza aver cercato d’informare, educare, far comprendere le necessità non di parte, ma generali che devono essere tutelate. A volte un certo modo di far politica pesca i tanti malumori nelle viscere della gente per ottenere consenso, perché in questo modo è più facile fare proseliti. Più difficile è dare indicazioni per raggiungere obiettivi ambiziosi. Insomma, politica è “governo della città” e non assemblaggio di stati d’animo per raggiungere sì il potere, ma nell’impossibilità poi di governare nell’ottica imprescindibile del bene comune.

Il racconto di Papa Francesco continua, diventando sempre più stringente. I politici del tempo “avevano abbandonato il gregge”. Certo, erano peccatori. Ma “da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti”. “E’ tanto difficile che un corrotto possa tornare indietro”, continua Papa Bergoglio. Insomma, i peccatori pentiti sono perdonati mentre i corrotti, proprio perché rifiutano di aprirsi all’amore, faranno più fatica ad esserlo.

L’invito che il Papa fa, inoltre, ai parlamentari è di non diventare “dotti del dovere”, ma provare a vivere intensamente il cammino quaresimale di conversione. Papa Bergoglio, nel suo appello finale afferma: “in questa strada di Quaresima ci farà bene, a tutti noi, pensare a questo invito del Signore all’amore, a questa dialettica della libertà dove c’è l’amore, e domandarci, tutti: Ma, io sono su questa strada?” “Lasciar perdere, quindi, i dottori del dovere, che avevano perso la fede e reggevano il popolo con questa teologia pastorale del dovere”.

Niente cerimonie e strette di mano alla fine della messa. Un saluto cortese a Laura Boldrini, presidente della Camera, e a Pietro Grasso, presidente del Senato, e via a soddisfare gl’impegnativi impegni della giornata.

I messaggi twitter si sono sprecati. Abbondavano le lamentele per le parole dure di Papa Francesco, per la levataccia mattutina, per le curiosità raccontate. Il più attivo in questo genere di cose è stato Renato Farina, dimessosi furbamente prima che l’Ordine dei giornalisti lo radiasse per indegnità. La Suprema Corte di Cassazione ha sancito che non poteva essere radiato in quanto si era dimesso. Betulla, così si chiamava quando collaborava con i Servizi segreti, in fatto di furbizia non è secondo a nessuno. Ha provato a fare una twitter-cronaca dell’omelia Papale. Insieme a lui altri. Invece di ascoltare e meditare, tutti impegnati a far sapere che erano dal Papa. Che dire, il cattivo gusto non ha limiti. Che Dio li aiuti.

di Elia Fiorillo