non c'è libertà senza passione!

 

Da Caimano ad agnellino? E da Sua Emittenza, grande conoscitore della macchina mediatica,  a politico improvvisato? A questi interrogativi le risposte sono le più varie.

C’è chi sostiene che il Berlusca è un furbo e anche l’andata a Bologna, alla manifestazione organizzata da Salvini, sul piano dell’immagine gli gioverà. Altri ritengono che l’ex Cav. è bollito, se no non avrebbe mai accettato di fare da spalla a Matteo Salvini. L’evento di Bologna rappresenta, comunque, un’occasione di svolta nel mondo del centro-destra, e non solo. Al di là delle parole di unità e di buone intenzioni pronunziate dai protagonisti bisognerà vedere come l’elettorato di Forza Italia, ma anche il popolo degli astenuti e indecisi, giudicherà il percorso che Berlusconi, Meloni e Salvini a Bologna  si sono dati.

Gli strilli ed i proclami ad effetto – tasse, emigrazione, sicurezza, lavoro, famiglia –  certo attirano voti specialmente quando l’economia non tira come dovrebbe. Puntare alla pancia degli elettori può essere un buon espediente per i partiti del dissenso. E, però, non basta. Se ti candidi alla guida del Paese non sono sufficienti gli slogan, c’è bisogno di programmi effettivi e soprattutto credibili di governo. Di aggregazione di “moderati” veri che diventano l’ago della bilancia per il grande salto. E’ vero che gli italiani sono degli estremisti, ma poi nei fatti si trasformano in moderati . E, allora, c’è l’esigenza che l’elettorato s’immedesimi in tematiche di governo, di lungo periodo, e ci creda che si possano conquistare. Silvio Berlusconi lo dovrebbe sapere bene perché proprio così cominciò il suo percorso politico con la vittoria su Achille Occhetto e la sua “gioiosa – ma perdente – macchina da guerra”.

“Nasce il nuovo centrodestra sotto la guida della Lega”, afferma dal palco Matteo Salvini. Gli fa eco a distanza il ministro dell’Interno Angelino Alfano che lo definisce un “quaquaraquà ignorante a cui non andrebbe data nemmeno la delega per le zanzare”. Eppoi, c’è Fitto che se la prende con il suo ex capo Berlusconi ritenendolo “in grande confusione”. Anche Scelta Civica parla di errori grossolani fatti dall’ex presidente del Consiglio.

Chi nella vicenda si frega le mani è Matteo Renzi. E non è un caso se spara anatemi sia alla nuova destra di Salvini che alla nuova sinistra di cui fanno parte ex Pd.  Il suo obiettivo è ancorare i democrat al “centro” dello schieramento politico italiano. Perché è il centro che sempre, o quasi, vince.  Va bene allora la metamorfosi berlusconiana destrossa e leghista, al di là di quello che l’ex unto del Signore va ripetendo.  Meglio ancora l’uscita dal Pd di tanti “tipi sinistri” alla Fassina. Il Partito della nazione, auspicato da Renzi, è sostanzialmente di centro, anche se un occhio è strizzato a sinistra. Si sbagliava proprio Luigi Pintor nell’editoriale del Manifesto del 28 giugno del 1983 quando sosteneva che: “Non moriremo democristiani”. Renzi ci sta provando a far rinascere la vecchia Balena bianca. E la prova provata delle grandi e sotterranee  manovre dell’ex sindaco di Firenze viene da uno che la sa lunga sulla vecchia Democrazia Cristiana, Pier Ferdinando (Pierfurbi) Casini. E’ il vecchio alleato di Berlusconi a plaudire le operazioni centriste del segretario del Pd e la nascita di un nuovo partito, appunto, di centro.

C’è chi già ipotizza una confluenza nel Pd – meglio nel Partito della nazione o come si chiamerà – degli alfaniani, dei casiniani, dei fittiani e di chi più né ha, più ne metta. Il problema però, nella ri-costruzione dell’ex partito che fu di Moro, Fanfani, Andreotti, Cossiga, De Mita, Forlani, Donat Cattin e via dicendo è proprio Matteo Renzi. Nella vecchia DC non c’era un “uomo solo al comando”, ma tanti “cavalli di razza” che si alternavano secondo le stagioni politiche. Nel nuovo ipotizzato partito non sembra che la rotazione delle cariche al vertice possa esistere. Questo oggi pare il vero problema da risolvere per la costruzione del nuovo. I due Matteo (Renzi e Salvini) da questo punto di vista la pensano allo stesso modo: la leadership è una sola e non va divisa con nessuno. Ma questa verità Berlusconi l’ha sempre saputa e praticata.

di Elia Fiorillo