non c'è libertà senza passione!

Educare alla politica è essenziale per la democrazia. Com’è essenziale il gioco di squadra. L’uomo solo al comando ha portato sempre male, la storia insegna.

Due libri diversissimi tra di loro. Uno parla di “Giulio Andreotti testimone di Santi”. L’altro di percorsi politici: “Andare insieme, andare lontano”. Quello che hanno in comune è un Ph di Teresa Mancini, politicacognome, Letta, e la concezione della leadership politica nonché «la differenza che passa tra governare e comandare». Gianni Letta ha scritto la prefazione al libro su Andreotti di Roberto Rotondo. Enrico Letta è l’autore dell’altro testo. Identica per entrambi l’idea dello “statista”. Che è un soggetto che “non pensa dentro di sé: «Lo Stato sono io», ma «Lo Stato sono gli altri, e io ne sono servitore». E soprattutto il bisogno “d’investire sulle generazioni dell’Italia di domani”. Ogni riferimento a Matteo Renzi pare casuale. Eppure significativa è l’affermazione di Enrico quando nell’introduzione del suo libro afferma: “Rimarrà deluso chi m’immagina in cerca di fulminee rivincite personali”. Certamente non fulminee, ma la sfida è lanciata al presidente del Consiglio. Ed è racchiusa nel proverbio africano riportato in bell’evidenza sulla copertina del suo libro: “se vuoi correre veloce vai da solo, se vuoi andare lontano devi farlo insieme”. Insieme non solo a quelli che sono saltati sul carro del vincitore ed applaudono a tutta forza, ma anche a chi la pensa diversamente. Viene in mente il periodo aureo dell’allora Cav. Silvio Berlusconi. Appena finito il vento in poppa giù critiche pesanti da quelli che meno te l’aspettavi: dai suoi fidi furieri, dai beneficiati oltre modo, dai plenipotenziari. Chissà se Letta Gianni, nel tracciare il profilo dello statista, si sia reso conto che i tratti da lui disegnati non combaciavano con il suo Capo. Bisogna dargli atto però che ha fatto di tutto per portare Silvio sulla retta via.

Saul Bellow, premio Nobel per la letteratura nel 1976, sosteneva che: “il destino dell’uomo è il proprio carattere”. E, in fatto di carattere, sembra proprio che Berlusconi e Renzi si somiglino, come anche Letta zio con suo nipote. L’uscita di Enrico da palazzo Chigi non fu proprio un’operazione esemplare di avvicendamento politico tra due “cavalli di razza” dello stesso partito. Fu un defenestramento architettato nel convincimento caratteriale dell’ex sindaco di Firenze che lui avrebbe potuto rivoltar l’Italia. “Più che fare il Pd io voglio fare l’Italia” ha ripetuto Renzi ultimamente. Il suo predecessore è stato in silenzio dal giorno del passaggio della campanella a palazzo Chigi. Anche quando il presidente del Consiglio Renzi faceva spallucce a sue candidature prestigiose proposte da autorevoli leader di paesi dell’Unione Europea. Silenzio e ancora silenzio, rotto recentemente dalla presentazione del suo libro. Un programma politico in piena regola, con annesse dimissioni da parlamentare a settembre, rinuncia alla pensione e assunzione della prestigiosa carica di direttore della scuola di studi politici di Parigi, Sciences Po.

«Con lo vuole la gente si sono commesse le peggiori nefandezze, da Gesù a Barabba». Ha affermato Enrico Letta in aperta contrapposizione al segretario del Pd. Ma a che mira veramente l’allievo prediletto di Beniamino Andreatta? Probabilmente la sua ambizione nascosta è quella di costruire un nuovo centro-sinistra, senza alcuna nostalgia del passato. Un partito che “peschi” tra le varie anime dell’ex centro, Forza Italia, Ncd, Scelta Civica, ecc.. Ma anche – e soprattutto – del Pd. Un’aggregazione non populista che provi a far ragionare la gente sul vero significato del “bene comune”. Insomma, mirare non più alle “viscere” dell’elettorato, ma alla “testa”. Educare per elevare, per far ragionare, per cambiare.

Chissà se i due Letta, zio e nipote, si sono confrontati negli ultimi tempi su queste tematiche. Chissà cosa veramente in testa ha l’ex vice segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio. Una cosa è certa: educare alla politica è essenziale per la democrazia. Com’è essenziale il gioco di squadra. L’uomo solo al comando ha portato sempre male, la storia insegna.

di Elia Fiorillo