non c'è libertà senza passione!

Dalla Repubblica federale tedesca della cancelliera Angela Dorothea Merkel, al Regno di Napoli del novello governatore “sceriffo”

– anzi Masaniello – Vincenzo De Luca.  La mente del presidente Renzi è divisa e occupata tra queste due località. La crisi della Grecia lo preoccupa non poco perché la ritiene una bomba inesplosa, prima per i troppi inesperti artificieri in campo, eppoi perché più si pensa a VincenzoDeLuca_Johann_Gottfried_Auerbach_005_CarloVIsalvataggi isolati senza strategie di lungo periodo e più la fregatura poi arriva per tutti. Discostarsi dopo la netta vittoria dei “no” al referendum greco dalle posizioni di Frau Angela, isolandola, può diventare rischioso specialmente nell’attuale fase dove la confusione regna. Meglio tenersela amica e soprattutto farla riflettere sul fatto che le politiche di austerità a lungo andare provocano solo disastri.

Certo, le critiche non mancano al presidente-segretario. Nichi Vendola non gli risparmia rimproveri per gli abbracci con l’Angelona teutonica. E anche la compagnia degli altri oppositori, quasi tutti partiti per la Grecia a manifestare per il “no” ad un referendum che troppo comprensibile non era, ha come bersaglio il presidente del Consiglio reo di subire le imposizioni bruxelliane senza “in…cavolarsi” di brutto. L’ex sindaco di Firenze scuote le spalle facendo notare che “l’Italia sta tirando, alla faccia dei gufi nostrani”. E che potrebbe fare di diverso? Il referendum greco è passato con il conseguente tsunami di polemiche e d’incertezze. Una cosa rimane sicura: l’Europa che abbiamo conosciuta fino a ieri è finita. Accantonata per sempre. C’è bisogno di una nuova partenza che punti sugli ideali dei padri fondatori: Adenauer, De Gasperi, Schuman. A partire dal sentimento di solidarietà da troppi anni smarrito, sostituito da un ammasso di piccoli-grandi interessi di parte, da una burocrazia asfissiante e pervasiva, da particolarismi che sono in antitesi con il concetto stesso di Unità Europea.

Più complessa per Renzi si presenta la vicenda napoletana dell’ex sindaco di Salerno e attuale governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca. La voglia di vincere e di portare a casa targate Pd quante più Regioni possibili alle ultime elezioni ha fatto sottovalutare al segretario dei democrat i possibili strascichi della legge Severino. “Vinciamo e poi si vedrà”, si sarà detto. Eppoi a candidare De Luca in una regione difficile come la Campania non era stato lui, ma le “primarie”. Giustificazione deboluccia per l’ex boy scout – molto “scetato” come si dice a Napoli – tenuto conto che l’ex sindaco di Salerno di rivali in campo non né aveva proprio. Chissà se Renzi si sarà pentito dopo tutto il can-can mediatico conseguente al decreto di sospensione che porta la sua firma, e che non fa alcuno sconto, come qualcuno ipotizzava, al presidente campano del Pd. Certo, la rabbia gli sarà esplosa a sentire il giudice che ha annullato la sospensiva ritenere il suo decreto “disinvolto” e anzi “pericoloso”. La verità è che il provvedimento stilato da Renzi non era né disinvolto, né pericoloso. Rispettava la legge Severino. Di disinvolto e pericoloso in tutta questa vicenda c’è l’assurdità della norma che consente, nella fattispecie, a De Luca, e a chi si trova nelle sue condizioni, di candidarsi per poi essere sospeso ed ancora reintegrato dalla Magistratura e dalla stessa, può anche darsi, sospeso ancora in un gioco che destabilizza il sistema democratico. Sarebbe anche il caso che l’azione giudiziaria, i ricorsi per intenderci, non fossero esaminati dalla Magistratura del luogo dove si sono verificate le “incompatibilità”. Meglio evitare, come è avvenuto, critiche pesanti e delegittimanti relative ad eventuali ipotesi di condizionamenti territoriali.

Il presidente del Consiglio, in merito alla legge Severino, può fare ora due cose. Aspettare il pronunciamento previsto per Ottobre della Corte Costituzionale – e la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo – oppure, come ipotizzato da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anti corruzione, fare il “tagliando” alla Severino. Provando a risolvere anche il caso Berlusconi, ma anche quello di De Luca, sulla retroattività della norma. Sarebbe proprio spiacevole per il nostro Paese se la Corte europea dovesse dare ragione al ricorso presentato da Silvio Berlusconi proprio sulla retroattività.

Troppo comodo per la politica, quando conviene, farsi levare le castagne dal fuoco dalla Magistratura per poi criticarla per “troppa ingerenza e strapotere”.

di Elia Fiorillo