non c'è libertà senza passione!

TANTI INTERROGATIVI.

Basta al femminicidio! Ph Teresa Mancini

Un pomeriggio, alle diciotto, esci dall’università e t’incammini verso casa. Per la testa tanti pensieri, sogni, progetti. Fai le corse per non perdere i mezzi pubblici e già pensi alle cose che hai da fare, a quelle che vorresti dire, agli esami imminenti, agli impegni presi, al tempo che avanza e al futuro incerto che si profila. Sembra un giorno come gli altri, doveva essere un giorno come gli altri e, invece, accade qualcosa che irrimediabilmente cambia la tua vita. Accade non per tua scelta, non per tua colpa, né perché eri al momento sbagliato al posto sbagliato. Accade per inciviltà.

Uscivi dall’università, luogo che dovrebbe essere sicuro, dove studi, cresci, maturi, sognando un mondo migliore, un lavoro soddisfacente, un Paese che riconosca i tuoi meriti e, soprattutto, ti tuteli. Credi in un Paese civile e sicuro e ti scopri, invece, inerme e indifesa. Quello che è accaduto ieri, 4 giugno, a una studentessa universitaria, ventitreenne di Pianura, è qualcosa di assurdo, amaro da capire, qualcosa che fa rabbia e getta nell’angoscia ogni ragazza. Qualcosa che è accaduto a lei, ma poteva accadere a ognuna di noi. Quella ragazza è una di noi. È vittima di un mondo ottuso e meschino, sempre più ostile alle donne.

A pochi metri dall’Università, in pieno giorno, è stata abusata e seviziata, sotto la minaccia di un coltello, in un androne di un palazzo, da un uomo probabilmente sotto l’effetto di sostanze alcoliche. Alle diciotto di un pomeriggio qualunque, in zona Decumani, a Napoli, c’è tanta gente, tanti studenti universitari, tanti uomini e donne che quei viali li abitano, ma nessuno sente nulla, nessuno vede l’uomo calvo, dall’apparente età di 35-40 anni, che segue la ragazza, la afferra di spalle, la minaccia con un coltello e la immobilizza. La giovane di Pianura prova a difendersi ma, contro un uomo grande e forte quanto vile e codardo, che la minaccia con un’arma, non può nulla. Questo secondo il racconto della donna.

Un orrore di pochi, eterni, maledetti minuti, che una donna porterà sempre scolpiti nell’anima. Una cicatrice marchiata a fuoco sul cuore. Un atto meschino compiuto da un uomo incivile in un Paese incivile, tra l’indifferenza e l’omertà generale.

Un episodio che mette i brividi e pone inquietanti interrogativi. Che Paese è questo dove le donne non possono sentirsi al sicuro neppure uscendo dall’università? Che Paese è questo dove un uomo sfoga i suoi impulsi bestiali su un giovane corpo, martoriandolo in un androne buio, dove le sue urla potrebbero raggiungere residenti, vicini, passanti, ma vergognosamente nessuno sente nulla? Che Paese è questo dove ogni giorno una donna subisce violenze domestiche o incontra la morte per mano di un uomo? Un Paese così non è un Paese per le donne. Un Paese che, di fronte al Femminicidio e a ripetute violenze di genere, non cerca di prevenire e combattere tanta barbarie non è un Paese democratico, libero, civile, sano.

Dov’è lo Stato che, invece, di tutelarci, diminuisce il numero delle forze dell’ordine, che dovrebbero presidiare e rendere più sicure le nostre strade? Dov’è lo Stato che dovrebbe investire nella cultura e nell’istruzione, fornendo anche corsi di difesa personale nelle scuole e promuovendo l’educazione civica? Dov’è lo Stato quando per strada, incamminandoti verso le grandi stazioni, incontri senzatetto ubriachi e molesti, pronti a dire e fare cose inimmaginabili? Le stazioni di Piazza Garibaldi e Porta Nolana sono solo un esempio di una situazione identica in tutta Italia. Persone che hanno bisogno di aiuto, prima di essere nocive a se stesse e agli altri, sono, invece, lasciate per strada, a ubriacarsi, a drogarsi, a fare i loro bisogni corporali davanti a passanti indifferenti, davanti a pattuglie di vigili e carabinieri che conoscono la situazione e passano oltre, perché non credono che i ricoveri ospedalieri forzati o i centri sociali siano la soluzione, se non c’è la volontà dell’individuo. Non saranno forse il rimedio, ma sarebbe già una forma d’intervento, una presenza dello Stato sul territorio, un tutelare quelle persone, gravate da seri disturbi psichici, e un tutelare tutto il resto della popolazione.

Il clochard di origini torinesi, trovato in Piazza del Gesù, ubriaco e in stato confusionale, corrispondente alla descrizione rilasciata dalla giovane, dopo essere stato fermato e interrogato in questura tutta la notte, da prime indiscrezioni, pare sia stato rilasciato. Che sia stato davvero lui o un altro, quello che inquieta è la mancanza di rispetto per le donne e l’omertà generale, il silenzio di un popolo, quello napoletano, che vive costantemente per strada, tra urla, schiamazzi e inciuci. Una popolazione che, però, quando c’è da essere coraggiosa e intervenire per difendere qualcuno, ha troppo spesso paura di invischiarsi in spiacevoli situazioni. Così è toccato alla giovane studentessa, dopo l’orrore della violenza, incamminarsi verso Piazza del Gesù, fermare una volante e denunciare l’accaduto. Sola ma forte. Sola ma coraggiosa. Sola ma piena di dignità. Un esempio. Ancora una volta, quando lo Stato è assente o tarda ad arrivare, tocca alle donne essere coraggiose, denunciare e riprendersi in mano la propria vita: a fatica ma con grande dignità e rispetto per se stesse e per le altre donne, perché quello che è accaduto non riaccada ancora, a un’altra donna, alle proprie amiche, alle proprie figlie.

Tocca alle donne difendersi e difendere, denunciare, esorcizzare la paura raccontando, scrivendo, parlandone, seguendo corsi di difesa personale, portando in borsa spray antiviolenza e, soprattutto, non facendosi vincere dalla paura e dall’angoscia. Tocca a noi donne amarci ed essere forti.

Il giorno dopo la presunta violenza, però, le indagini della Squadra Mobile, in una nota alla stampa, portano a smentire che la violenza sessuale sulla ragazza sia mai avvenuta. Questo il contenuto del messaggio: «L’attività investigativa, svolta dalla Squadra Mobile, ha consentito di accertare come l’episodio di violenza sessuale, in danno di una studentessa universitaria di 23 anni, denunciato nel pomeriggio di ieri, in realtà non si è mai verificato. Il caso, sin da subito, è stato trattato da personale specializzato della sezione investigativa sui reati a sfondo sessuale».

Se la violenza davvero non è stata mai commessa, la ragazza dovrà spiegare agli inquirenti perché perché inventare quella brutta storia, accusando ingiustamente un uomo, di cui per altro aveva fornito un identikit preciso e corrispondente a un clochard dopo poche ore fermato, interrogato e rilasciato. Se tutto ciò fosse vero, la ragazza si sarebbe macchiata del reato di falsa dichiarazione e procurato allarme, ma, soprattutto, avrebbe insultato la sofferenza di tante donne che quella violenza l’hanno davvero subita. Anche in questo caso, l’unica causa dell’accaduto resterebbe l’inciviltà. L’ignoranza dei danni che si procurano e il mancato rispetto dell’altro sono imputabili al carnefice, chiunque sia stato.

Gli interrogativi mossi, però, restano tutti. Occorre più sicurezza per le strade, da Nord a Sud, più investimenti per la cultura e l’educazione delle nuove generazioni, misure sociali a favore dei tantissimi senzatetto che popolano le nostre stazioni, provvedimenti più seri contro la violenza e il Femminicidio. Anche se questa storia è stata smentita dalle indagini della polizia, ogni giorno sono tante le donne che subiscono in silenzio violenze domestiche o sono molestate per strada. È per loro e per noi che dobbiamo pretendere un Paese più civile, un Paese dove ci sia rispetto e amore per l’altro.

di Giuseppina Amalia Spampanato