non c'è libertà senza passione!

La rissa te l’aspetti in discoteca, allo stadio, no alla Camera dei Deputati. Specialmente quando si discute di riforma della Carta costituzionale. Si dirà: la passione politica porta anche all’esasperazione dei comportamenti. Falso. E’ il bisogno di stravincere – e dall’altra parte il rischio di perdere di brutto – che porta alle botte da orbi. Se tutto va misurato in chiave elettorale, per un pugno di voti in più, allora non c’è più da meravigliarsi se nel luogo sacro della democrazia si prova ad usare la forza fisica per affermare la propria posizione.

Gli strascichi della rottura del patto del Nazareno si fanno sentire. Da una parte, quella

Veduta d'insieme dell'Aula in corso di seduta -  ph Umberto-Battaglia, webCameraDeputati www.ilcorrieredelledonne.net

Ph Umberto Battaglia – sito Camera dei Deputati

vincente, c’è il bisogno di dimostrare che anche senza l’accordo con Forza Italia le riforme a casa si portano nei tempi stabiliti. Dall’altra parte – FI, LEGA, SEL, M5S – non ci stanno a quella che definiscono una deriva autoritaria. In un passaggio delicato, certo necessario per il Paese come sono le riforme costituzionali, il clima fa la differenza. E il clima si è rotto, da sereno-variabile si è passati alla tempesta, con maremoto incorporato. La fotografia sconsolante dell’attuale situazione, più dei pugni alzati per dare cazzotti, ci viene dalla Camera dei deputati dove l’opposizione non c’è più. I banchi sono vuoti.

Gli appelli alla ragionevolezza si sprecano da ambo le parti. Niente succede però di concreto per svelenire il clima. Quando nei fatti la guerra è stata dichiarata non ci sono più ragionamenti che tengano: bisogna vincere. Berlusconi sa bene che non può mollare ma alzare il tiro, sia all’interno che all’esterno. Matteo Renzi, dal canto suo, non può dimostrare timori o ripensamenti. I numeri ci sono, come lui sostiene, anche al Senato e, allora, avanti tutta. Certo, in questa fase l’occhio è puntato alle elezioni regionali e comunali di maggio. Un test elettorale che può cambiare la vita ai partiti e, quindi, tutto fa brodo a livello mediatico per attirare voti.

La prima grana che dovrà affrontare il novello presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è di quelle toste assai. Dovrà usare la moral suasion per calmare gli animi e, soprattutto, invitare il partito che l’ha candidato a non esagerare; a tirare subito il freno a mano. Quando si parla di modificare la Costituzione i numeri certo sono importanti, ma ancor di più è essenziale la percezione da parte dell’opinione pubblica che il cambio delle norme non sia un fatto di parte. Da questo punto di vista, al di là dei lati oscuri presunti o reali, il patto del Nazzareno creava in una parte dell’opinione pubblica l’idea di un percorso partecipato. Saltato l’accordo i risentimenti prendono il sopravvento cancellando quello che di buono c’era nell’intesa. Insomma, si passa alla guerra che non ha regole.

Il Movimento Cinque Stelle ha ipotizzato la presentazione di dimissioni in massa dei suoi parlamentari. Una mossa dal chiaro sapore mediatico che, se attuata, avrà un effetto dirompente. E’ vero che nessun neo presidente della Repubblica si è mai sognato di dover firmare l’atto di licenziamento dei parlamentari che l’hanno votato, ma se buona parte dell’opposizione glielo chiedesse un no non si capirebbe. La brutta piega che stanno prendendo gli eventi parlamentari non esclude questa ipotesi. E’ vero che la legge elettorale non c’è ancora, ma il “Porcellum”, diventato “Consultellum”, potrebbe invogliare proprio i partiti che si trovano in difficoltà ad andare in anticipo alle urne. I pentastellati si vanterebbero di avere mandato tutti a casa, anche i dissidenti interni. L’effetto sorpresa potrebbe tornare a loro utile sia elettoralmente, sia per riaggiustare il Movimento nell’ottica proprietaria di Grillo e Casaleggio. Anche per la Lega salviniana il ritorno alle urne dovrebbe portare risultati positivi. La buona esposizione mediatica di Salvini con le sue tematiche populiste potrebbe funzionare elettoralmente. Restano i vecchi amici-compagni del Nazzareno. Difronte al montare della voglia di voto non potrebbero sottrarsi. Uno, Matteo Renzi, perché il consenso non ritiene che gli manchi, anzi. L’altro, Silvio Berlusconi, pur non potendosi candidare, avendo avuto nel frattempo l’agibilità di movimento, proverebbe a ricompattare il partito, in primis. Eppoi, non si sa mai, potrebbe andare meglio dell’ultima tornata elettorale.

di Elia Fiorillo