non c'è libertà senza passione!

Gli oppositori del Pd e Dp applaudono con standing ovation.

Matteo Renzi ha provato a mettere tra la sua persona e la scissione del Partito democratico ben ottomila chilometri di distanza. E’ andato in California sia per “ossigenare il cervello” ma anche per avere spunti che vorrebbe fare arrivare in  Italia sull’innovazione e lo sviluppo di quella realtà. Idee da carpire per la prossima campagna elettorale interna ed esterna al Pd? Forse. Ma c’era anche nel viaggio oltre oceano la voglia di apparire il meno possibile sui media nel momento del “botto” democratico. Meglio lasciare tutta la scena a Emiliano e Orlando i suoi avversari nella competizione a segretario del Pd. Anche dopo il suo ritorno, avvenuto qualche giorno fa, prova a tenersi defilato dalle polemiche ma ha già preparato il suo programma per il rientro “alla grande” a segretario dei democratici  e – non si sa mai – a presidente del Consiglio.

I fuochi artificiali delle nuove idee renziane dovrebbero scoppiettare dal 10 al 12 marzo agli incontri del “Lingotto 2.0”. Alle nuove proposte per far breccia su un elettorato confuso – dalla scissione – ci sta lavorando il fido-furiere dell’ex segretario Tommaso Nannicini, docente alla Bocconi che nel passato governo fu l’autore del Jobs act e sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Trovate che devono impressionare l’elettorato nei suoi interessi primari: riduzione delle tasse, nuovi posti di lavoro, qualità della vita e via dicendo. Il vincolo però che non può essere superato è quello del bilancio dello Stato. Nessun splafonamento, anzi  ipotesi di lavoro per ridurre il debito pubblico.  Un’impresa certo non facile che non potrà essere aggirata con operazioni demagogiche. Gli ex compagni democratici, oggi progressisti, saranno i più severi controllori delle proposte e dell’operato di Matteo Renzi.

L’ex segretario dei dem sa che i pronostici sono a suo favore come prossimo inquilino del Nazareno. Cosa diversa è per Palazzo Chigi.  Buio completo per quello che avverrà domani. Che succederà dopo l’Esecutivo di Paolo Gentiloni? Certo, elezioni anticipate. Eppoi? E’ proprio sicuro che il Pd non avrà seri problemi alla prossima tornata elettorale? Non è che la scissione  ha creato nell’elettorato un’immagine negativa del partito che peserà a favore degli avversari?

La direzione del Pd, con 104 voti favorevoli, tre contrari e due astenuti, ha deciso che le primarie del partito si terranno il 30 aprile, il 7 maggio l’eventuale ballottaggio o l’assemblea nazionale per la proclamazione del nuovo segretario. Di elezioni se ne parlerà a settembre. Prima non è proprio possibile.

Sul fronte opposto Roberto Speranza e Enrico Rossi ex Pd, insieme a Arturo Scotto ex Sinistra italiana, lanciano Articolo 1 –  Movimento  democratici e progressisti, con riferimento alla Costituzione. Le prime battaglie annunciate per  “arrestare la deriva neocentrista di Renzi” saranno il referendum contro i voucher e lo ius soli. Il nuovo movimento può contare attualmente su 38 deputati e 13 senatori, ma pare che ci potrebbe essere qualche nuovo arrivo a rafforzare la schiera dei Dp. Che succederà con questi “numeri” la cui maggior parte si distacca dal carro governativo di Gentiloni? Certo, gli ex di Sinistra italiana non appoggiavano Gentiloni. Nell’attuale momento politico però a nessuno del Pd o del Dp conviene affossare il presidente del Consiglio ed il suo Governo. Non può farlo, almeno per il momento Renzi, ne lo faranno i demoprogressisti che aspettano la riforma elettorale con “l’uniformazione” e “l’efficientamento” dei due sistemi elettorali di Senato e Camera come condizione messa dal presidente Mattarella per sciogliere le Camere. Se sul piano istituzionale la via è ormai tracciata, su quello personale, tra i vari soggetti della recente frattura, i veleni e le vendette saranno all’ordine del giorno.

Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, candidato alla segreteria del Pd ed ex scissionista ravveduto, è nell’occhio del ciclone. Gli ex compagni emigrati nel Dp l’accusano di tradimento. Prima ha premuto l’acceleratore per mettere fine alla sua storia con il partito di Renzi eppoi ha lasciato soli i soci: Roberto Speranza e Enrico Rossi. L’ha fatto per puro calcolo sostengono i suoi denigratori. Troppo rischioso il salto nel buio. Il Pd, sia pur ridotto, resta sempre un partito di primo piano dove la visibilità è assicurata principalmente se si spara ad alzo zero sull’ex segretario ed ex presidente del Consiglio. C’è poi la vicenda del mega appalto Consip che ha al centro l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo. Prossimamente Emiliano saràinterrogato dai magistrati proprio sulla vicenda che vede sotto inchiesta il ministro Luca Lotti, ma anche il babbo dell’ex segretario, Tiziano Renzi. Un momento importante dove gli zampilli della fontana dei veleni potrebbero sgorgare rigogliosi. Gli oppositori del Pd e Dp applaudono con standing ovation.

di Elia Fiorillo