non c'è libertà senza passione!

di Elia Fiorillo

“Fate attenzione al cane”, “cave canem”, è la scritta che appare insieme all’immagine del cane legato alla catena nella trasmissione di Michele Santoro, Servizio pubblico. Bella trovata, che utilizza la figura del mosaico collocato nella Casa del Poeta Tragico negli scavi di Pompei, per sottolineare come la trasmissione ha l’obiettivo di essere il “cane da guardia del potere”. Visto che la figura originaria è stata modernizzata, forse era il caso di abolire quella catena che può dare adito a dubbi. E, cioè, che il padrone del cane – nella fattispecie chi gestisce la trasmissione – potrebbe, a seconda dei casi e delle convenienze, mollare o tirare il legaccio a cui è legato il mastino per farlo mordere o star quieto. Ma tant’è.

Nell’atteso confronto-scontro Santoro-Berlusconi non si è capito bene il cane che abbia combinato. Certo, i due personaggi in campo avevano preparato l’evento con grande attenzione. Uno, Berlusconi, sapeva che un passo falso in quella zona rossa e calda poteva compromettere il suo rinnovato sogno di gloria e di convincimento degli indecisi. L’altro, Michele, un risultato lo avrebbe portato comunque a casa: i livelli certamente stratosferici di share. Ma vuoi mettere la mortificazione, lo sbugiardamento dell’avversario di sempre che con l’editto bulgaro lo avevo umiliato, spogliandolo dello status tribunizio televisivo di salvatore della Patria, costringendolo ad indossare l’abito strettino di europarlamentare? Ci si può scommettere, Santoro, tra gl’indici d’ascolto e la vittoria sull’avversario avrebbe preferito quest’ultima. Niente però lasciava prefigurare esiti non più che positivi per il mattatore campano. Con tutte le contraddizioni ed i pasticci dell’ex presidente del Consiglio, nonché ex Unto del Signore, il gioco sarebbe stato facile. L’imbolsimento del vecchio guerriero s’era visto nelle ultime apparizioni televisive, specialmente in quella di Barbara D’Urso. Là si trovava in famiglia, quella era casa sua, eppure che pena quando raccontava la sua storia “d’ammore” con la ventisettenne napoletana che aveva mandato aeroplani in cielo con scritte a suo sostegno.

La faccia di Santoro, all’inizio della trasmissione, era quella di un boia pronto a giustiziare il suo cliente, mentre quella del Cavaliere, mano mano che “ Servizio pubblico” andava avanti, acquisiva connotazioni accattivanti anche se guittesche. Fino a raggiungere il massimo della vis comica quando spolverava eppoi puliva la sedia su cui era seduto il suo nemico giurato, Marco Travaglio. In risposta ad una letterina al vetriolo di Travaglio, piena di addebiti di tutti i tipi, l’ex premier rispondeva con un elenco di condanne per diffamazione che il giornalista aveva accumulato. Un trucco ben studiato, ma prevedibile, che spiazzava Santoro che invece di glissare, non trovava di meglio per rintuzzare il Berluskàz, come l’allora nemico Bossi chiamava Silvio, di spazientirsi e di alzare la voce, dando il segno inequivocabile del colpo subito.

Insomma, i sondaggi dicono che l’Uomo di Arcore s’è portato a casa come minimo un punto in più dei possibili consensi elettorali che già possedeva dopo la trasmissione con Santoro e Travaglio. Bel colpo. Ma il pezzo dove non ha assolutamente convinto e dove è stato molto attento a non buttarla in ironia sdrammatizzante – perché proprio non poteva – è quello relativo al rapporto con la Lega ed alla sua candidatura a prossimo presidente del Consiglio. Il veto sul suo nome da parte dei “Barbari sognanti” di Maroni c’è, con la candidatura a premier del suo ex ministro delle finanze, Giulio Tremonti. Un vero affronto per il Cavaliere che parla come Capo della coalizione e possibile super ministro delle Finanze. L’accordo tra la Lega ed il Pdl questo prevede. Ma che senso ha un giochetto di tal genere? Immaginarsi se una cosa così fosse stata concepita sulla sponda avversaria tra, per esempio, un Bersani Capo coalizione e…un Monti ipotetico premier. Apriti cielo. E’ vero che le strade della politica sono infinite e che tra il predicare ed il razzolare c’è di mezzo il mare, ma certe cose anche ad un giocoliere politico del calibro di Silvio da Arcore non sono consentite. La buccia di banana su cui il Pdl potrà scivolare, al di là del professore Monti, è proprio questa.